Mi sposo e faccio famiglia: il punto di vista dell’educazione finanziaria

Mi sposo e faccio famiglia: il punto di vista dell’educazione finanziaria

Credo che i progetti importanti della nostra vita non siano soltanto quelli che riguardano il lavoro e la carriera; dal mio lavoro quotidiano emerge sempre di più il fatto che tutti noi siamo alla ricerca di un prezioso equilibrio tra vita privata e vita lavorativa. E questo equilibrio rappresenta il vero nucleo della nostra realizzazione, ovvero di quello che forse possiamo chiamare “felicità”.

Per fare scelte che vadano nella direzione di una realizzazione personale fatta di carriera e anche di famiglia, acquista sempre più importanza la capacità di fare scelte oculate che contribuiscano alla realizzazione del nostro progetto globale di vita.

Ma come ogni grande progetto che desideriamo realizzare, anche quello della felicità di coppia o in famiglia è soggetto a un rischio di fallimento. Questo rischio va necessariamente valutato, e se possibile prevenuto.

In questo post parleremo di come fare, in compagnia di un Avvocato di diritto di famiglia Letizia Solimene.

 

Qual è la strategia vincente?

La risposta dell’educazione finanziaria di cui mi occupo in questo articolo di fronte alla questione di un possibile fallimento dei progetti di coppia, è sempre una: pianificazione!

E se divorziare costa in Italia dai 3.000 ai 25.000 euro, una cosa davvero utile da fare dopo essersi sposati è pianificare un accantonamento che ci copra le spalle se dovessimo incorrere nell’eventualità di una separazione. Un accantonamento infatti ci dà la possibilità di uscire da situazioni difficili con la sicurezza di un’autonomia quantomeno discreta.

 

Di cosa si tratta in pratica?

Con un piccolo accantonamento periodico sul conto corrente privato di ciascun coniuge, possiamo sapere di avere messo da parte il necessario per affrontare ciò che eventualmente si presenterà.

Questo tipo di scelta del tutto controintuitiva – ben pochi infatti si sposano con questo progetto collaterale in mente – ci permette però di sentirci più tranquilli e affrontare tutto ciò che accade volta per volta con una certa serenità.

 

Allora mi viene da dire che forse il contrario di fallimento non è successo, ma è “realizzazione di sé”, un concetto più ampio che non si può misurare con bilanci o dati economici, ma con la nostra capacità di diventare esseri umani completi, più consapevoli dei nostri punti di forza e anche dei nostri limiti e debolezze. Perché le scelte ci portino a colmarli e diventare più grandi di come eravamo ieri.

 

Per affrontare questo argomento, ho coinvolto Letizia Solimene, avvocato di diritto di famiglia, che ha risposto ad alcuni temi importanti.

Con Letizia ci prenderemo lo spazio di esplorare il tema nel corso di diversi articoli.

 

Sara: avrei bisogno intanto di orientarmi meglio intorno al modo in cui il Legislatore concepisce il matrimonio. Ce ne puoi parlare?

Letizia: Il matrimonio è un contratto in cui, oltre agli aspetti patrimoniali, sono presi in considerazione alcuni doveri reciproci dei coniugi. Questi doveri sono previsti dal Codice Civile e sono l’assistenza morale e materiale, la contribuzione nell’interesse della famiglia, la convivenza e la fedeltà. Si tratta di doveri e dunque di impegni reciproci morali ed economici, che entrambi i coniugi sottoscrivono quando contraggono le nozze.

La scelta di dedicarsi al lavoro domestico prendendosi cura della casa e delle necessità della famiglia ovvero la crescita dei figli non ha meno valore del lavoro fuori casa; questo contributo è quantificabile in termini di valore economico, infatti anche quando, ad esempio, si vuole richiedere un mutuo ad un istituto bancario, di solito si considerano, oltre ai redditi da lavoro, anche quelli derivati dal contributo di uno dei due coniugi alla cura e al mantenimento della famiglia e della casa comune.

In sede di separazione (o divorzio) a questo tipo di contributo è attribuito un valore economico fornito dal coniuge che si è dedicato alla famiglia per l’accrescimento del patrimonio dell’altro coniuge o del patrimonio comune.

 

Sbilanciamento dei ruoli di genere

Sara: Qual è la prassi italiana rispetto alla parità di genere nella coppia durante il matrimonio e nella separazione?

Letizia: Durante la vita matrimoniale, c’è una certa interscambiabilità di ruoli tra i coniugi, molto più di qualche anno fa, in cui, in misura prevalente, mentre il marito di solito si concentrava sulla carriera lavorativa, la moglie era dedicata alle esigenze della famiglia e alla cura della casa. Oggi partiamo da una base “potenzialmente” egualitaria.

Quando l’unione coniugale fallisce e interviene la separazione, è possibile invocare norme di legge e precedenti giurisprudenziali che hanno introdotto modalità meno rigide nella collocazione e nella gestione dei figli e una maggiore flessibilità ma trovare un equilibrio vincente non è scontato.

Secondo le statistiche, è piuttosto alta la percentuale di padri inadempienti nel versamento del contributo al manteniemnto o di figli che, dopo la separazione, non frequentano il padre come stabilito in sede di separazione e in tali casi la madre si ritrova a dover portare per intero il carico di accudimento e mantenimento degli stessi.

 

Sara: Ma torniamo un attimo indietro. Come si strutturano i ruoli in famiglia?

Letizia: Nella mia esperienza, quando si forma una famiglia, di solito il genitore più gravato dalle incombenze della crescita dei figli è ancora la madre. A questo aggiungiamo che per quest’ultima la flessibilità nel lavoro non sempre è possibile trovandosi in molti casi, non potendo contare sulla possibilità di delegare ad altri (magari a terzi esterni alla famiglia) l’accudimento dei figli, a non riuscire ad assecondare le richieste del datore di lavoro relative a orari elastici e turni di sette giorni su sette. In questi casi la madre si vede spesso costretta a rinunciare al lavoro o a ridimensionare la propria realizzazione professionale.

Tra i due coniugi perciò spesso è la donna che fa un passo indietro anche alla luce del fatto che, frequentemente, è quella che percepisce un reddito inferiore.

 

Gli strumenti che abbiamo a disposizione

L’educazione finanziaria ci aiuta ad avere consapevolezza della situazione in cui ci troviamo, sia che siamo madri o padri; e fornisce strumenti concreti per affrontare le difficoltà che possono sorgere in modo da poter gestire meglio le conseguenze.

 

Continueremo in un altro articolo a parlarne con Letizia Solimene per avere una fotografia più accurata dello stato dell’arte.  

 

Se vuoi essere seguita/seguito da me nella costruzione di una pianificazione efficace che ti aiuti a prevenire piuttosto che curare, contattami con il form presente in questo sito.

 

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